In ogni cosa esiste un principio ed una fine: una volta alzato il sipario sull’azione, si dovrà prima o poi calarlo. Come ho già ripetuto numerose volte, l’azione inizia in un istante e termina un un lampo, ed è dunque assai arduo giudicare se sia giusta od errata. Molte azioni dormono sepolte nella storia senza essere legittimate, nonostante il gran tempo trascorso.
Non si è ancora unanimi, ad esempio, su come valutare l’incidente del 26 febbraio. Di recente Ichiro Muracami ha presentato un manifesto, intitolato <proclama di un sistema comunista giapponese>; in esso si dichiara che l’incidente del 26 febbraio fu provocato da luminosi pionieri della rivoluzione, e che tutti i combattenti rivoluzionari dovrebbero apprendere la lezione che è stata loro impartita da quei giovani ufficiali. Con il trascorrere del tempo un evento può dunque essere valutato positivamente anche dalla fazione che dovrebbe avversarlo. Perciò, se un’azione fa scaturire al massimo grado l’energia dall’animo umano, imprimendo in esso una traccia indelebile, supera le ideologie e diviene una forza motrice che può spingere gli uomini ad agire in direzioni contrastanti.
Diversamente dalla letteratura, l’azione penetra nell’animo come un flusso misterioso che si allarga gradualmente sino a dominare l’uomo e tutto ciò che lo circonda, e suscitando infine altre azioni; il che avvalorerebbe la tesi secondo cui le gesta di Alessandro Magno sarebbero state modellate sulle imprese epiche dell’Achille omerico. In tutto questo tempo in cui mi sono dilungato ad argomentare sull’azione, ho provato un costante senso di inadeguatezza. L’azione infatti non è esprimibile con parole. L’azione in quanto tale non potrà mai essere esaurita da nessun discorso. Espressa con parole l’azione dilegua come fumo, senza lasciare tracce, e ogni tentativo di costruire un discorso logico su di essa appare assurdo e ridicolo agli occhi di un uomo d’azione. Un simile uomo non si muove secondo un sistema logico. Per lo stesso motivo, un atleta può dedicarsi alle teorizzazioni sportive soltanto dopo essersi ritirato dall’agonismo. Un campione sportivo, quando ha ancora l’energia per partecipare attivamente alle gare, può giungere alla vittoria solo seguendo i consigli di un allenatore, poiché non è cosciente delle sue potenzialità e dei suoi limiti.
Yukio Mishima (1925-1970)La conclusione dell’azione
In ogni cosa esiste un principio ed una fine: una volta alzato il sipario sull’azione, si dovrà prima o poi calarlo. Come ho già ripetuto numerose volte, l’azione inizia in un istante e termina un un lampo, ed è dunque assai arduo giudicare se sia giusta od errata. Molte azioni dormono sepolte nella storia senza essere legittimate, nonostante il gran tempo trascorso.
Non si è ancora unanimi, ad esempio, su come valutare l’incidente del 26 febbraio. Di recente Ichiro Muracami ha presentato un manifesto, intitolato <proclama di un sistema comunista giapponese>; in esso si dichiara che l’incidente del 26 febbraio fu provocato da luminosi pionieri della rivoluzione, e che tutti i combattenti rivoluzionari dovrebbero apprendere la lezione che è stata loro impartita da quei giovani ufficiali. Con il trascorrere del tempo un evento può dunque essere valutato positivamente anche dalla fazione che dovrebbe avversarlo. Perciò, se un’azione fa scaturire al massimo grado l’energia dall’animo umano, imprimendo in esso una traccia indelebile, supera le ideologie e diviene una forza motrice che può spingere gli uomini ad agire in direzioni contrastanti.
Diversamente dalla letteratura, l’azione penetra nell’animo come un flusso misterioso che si allarga gradualmente sino a dominare l’uomo e tutto ciò che lo circonda, e suscitando infine altre azioni; il che avvalorerebbe la tesi secondo cui le gesta di Alessandro Magno sarebbero state modellate sulle imprese epiche dell’Achille omerico. In tutto questo tempo in cui mi sono dilungato ad argomentare sull’azione, ho provato un costante senso di inadeguatezza. L’azione infatti non è esprimibile con parole. L’azione in quanto tale non potrà mai essere esaurita da nessun discorso. Espressa con parole l’azione dilegua come fumo, senza lasciare tracce, e ogni tentativo di costruire un discorso logico su di essa appare assurdo e ridicolo agli occhi di un uomo d’azione. Un simile uomo non si muove secondo un sistema logico. Per lo stesso motivo, un atleta può dedicarsi alle teorizzazioni sportive soltanto dopo essersi ritirato dall’agonismo. Un campione sportivo, quando ha ancora l’energia per partecipare attivamente alle gare, può giungere alla vittoria solo seguendo i consigli di un allenatore, poiché non è cosciente delle sue potenzialità e dei suoi limiti.
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