Questo scritto, storico e filosofico del lavoro di ricerca che svolgiamo nel dojo NITEN ICHI RYU di spada, e nel dojo HAYATE di Kyudo (tiro con l’arco).
Oltre all’attenzione verso la tecnica (il movimento), ci tengo sempre ad approfondire la visione culturale e storica degli eventi, che ho potuto a mia volta esplorare nel corso dell’esperienza nell’ambito delle discipline giapponesi. Completare la pratica con una più approfondita conoscenza generale facilita il superamento delle varie fasi di apprendimento che l’arte impone, guidando la crescita personale del praticante.
In questo capitolo mi limiterò ad approfondire due argomenti: la miko la sua natura, storia e professione – e il ruolo che essa a ricoperto nella vita religiosa di Santomisan. Cominceremo a parlare della miko.
Il vocabolario giapponese miko significa << donna che pratica lo sciamanesimo>> ( ko significa <<donna>> ); nella fattispece si tratta di una tradizione dominata dal genere femminile. Satori-san è stata una miko per lunghi anni; quello della miko è stato uno dei due principali sentieri da lei intrapresi, alla ricerca della liberazione spirituale.
Nell’ambito delle religioni giapponesi, quella della miko è una figura di notevole spessore, soprattutto nella <<piccola>> tradizione. L’uso di questo termine richiede giocoforza una spiegazione. Gi studiosi di religioni operano una distinzione tra le cosidette <<grandi>> e piccole tradizioni religiose, ma l’uso di questi aggettivi non intende attribuire un valore più o meno spiccato a una tradizione piuttosto che a un’altra. Una <<grande>> tradizione evidenzia una religione istituzionalizzata, cioè una religione con un nome, come il cristianesimo o il buddhismo; una chiara identità che la distingue e la scinde da altre tradizioni religiose, con un testo sacro, con dei professionisti che gestiscono il <<mercato>> della religione, i suoi riti e insegnamenti, con dei luoghi sacri caratteristici in cui si pratica la religione, e così via. Una <<piccola>> tradizione designa una religione popolare, fatta dalla gente. Per un profano è assai più difficile venire a conoscenza, in quanto si basa su una trasmissione più orale che scritta. Essa racchiude le credenze popolari, le leggende, i riti e le feste della gente comune, tramandate di generazione in generazione più come uno stile di vita piuttosto che come una dottrina o un <<ismo>>. Non si può organizzare nè controllare, in quanto modello e al tempo stesso espressione del quotidiano, dei sentimenti e delle credenze della gente.
Nel Giappone contemporaneo vi sono due tipologie generiche di miko, l’una nella grande e l’altra piccola tradizione. La prima si potrebbe chiamare << miko del tempio>> e in questa categoria si trovano ragazze o donne che operano all’interno di un tempio shintoista, impegnate nell’adempimento di tutta una serie di incarichi in un ruolo secondario di assista al sacerdote ( che di solito è un uomo ), che esercità l’autorità nel tempio. La miko del tempio s’impegna in speciali danze sacre, note come kagura ( per compiacere il kami del tempio, pur se la danza è apprezzata anche dal pubblico ), intona canti sacri e partecipa a riti e cerimonie di ogni erdine e grado, compresi i matrimoni; infine aiuta a svolgere lavori di pulizia del tempio e dei locali annessi. Sono numerose le donne che appartengono a questo gruppo di miko, peraltro assai visibile in quanto parte integrante dello shintoismo istituzionalizzato. Tuttavia, non vi tratta delle miko che ci riguardano in questo contesto.[…]
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